Procedimento civile - Impugnazioni - Giudizio di appello - Motivi - Specificità - Condizioni Chiarezza dei punti contestati e delle ragioni di dissenso - Sufficienza - Fattispecie in materia di giudizio di accertamento di usucapione speciale. (Articolo 1159-bis; C.p.c., articolo 342)
Corte di Cassazione, Sezione 2, Civile, Ordinanza del 25 agosto 2021, n. 23433
L’articolo 342 del codice di procedura civile, nel testo riformulato dal decreto legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, deve essere interpretato nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, non occorrendo l’utilizzo di particolari forme né la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Nel caso di specie, relativo ad una domanda di accertamento dell’usucapione speciale di terreni ex articolo 1159-bis del codice civile, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la pronuncia impugnata che aveva dichiarato inammissibile il gravame in quanto mancante di specificità; nella circostanza, infatti, specifica il giudice di legittimità, come reso evidente dal ricorso nonché dall’esame diretto dell’atto di appello, consentito dalla denuncia di “error in procedendo”, il ricorrente aveva osservato il profilo della specificità imposto dall’articolo 342 del codice di procedura civile avendo censurato la decisione di primo grado con riferimento, in particolare, alla valutazione delle prove a sostegno della domanda di usucapione, avuto riguardo alle caratteristiche dei terreni, alle modalità di utilizzo degli stessi ed alla durata dell’esercizio di attività asseritamente corrispondenti al possesso). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, ordinanza 4 novembre 2020, n. 24464; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 16 novembre 2017, n. 27199).
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